
Si deve a Pasolini, polemista di grande incisività, l'invenzione di alcune metafore quali il Palazzo, con le quali alludeva a situazioni, guasti, mutamenti della società italiana degli anni Settanta. Questa è l'epoca che lo vede impegnato in furiose polemiche che suscitavano grande clamore. Tra i temi che lo assillavano di più, quello del Neocapitalismo, uno sviluppo senza progresso dove la folla "plebea e dialettale" si stava traformando in "infimo-borghese, che sa di esserlo, che vuole esserlo". Se ieri le folle popolari e i giovani spontanei esercitavano grande attrazione, stavano invece per trasformarsi in "giovani imbecilli e presuntuosi", corrotti dal mito del consumismo. La polemica si allarga, inoltre, nei confronti dei mass-media che si occupano esclusivamente di ciò che avviene dentro il Palazzo. Alcuni passi di un suo articolo pubblicato nel 1975 da "Il corriere della sera":
"[...] Solo ciò che avviene dentro il palazzo pare degno di attenzione e interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, seconda qualità. [...] Essere seri significa, pare, occuparsi di loro."
"Le casalinghe vivono nella cronaca. Fanfani nella storia. Ma tra loro si apre un vuoto immenso, una "diacronia"."Perchè ciò che avviene fuori dal palazzo è storicamente diverso da ciò che avviene dentro?[...] E i personaggi principali di questo penitenziario sono i giovani e io dico loro: vivete nella cronaca, la realtà è nella cronaca Fuori dal palazzo e non nelle sue interpretazioni parziali o peggio nelle sue rimozioni [...]."
Tutto ciò è soprendentemente attuale.
Eleonora Pucci di Uniti per Aiello.
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